Prevenire altre malattie per ritardare la necessità di iniziare il trattamento HIV 
Donne
che hanno ricevuto una zanzariera impregnata di insetticida. © Immagine:
Vestergaard Frandsen/Georgina Goodwin
Prevenendo malaria e dissenteria è
possibile rimandare notevolmente la necessità di iniziare il trattamento
antiretrovirale, come dimostra uno studio condotto in Kenya.
La malaria e altre malattie idrotrasmesse che possono causare la dissenteria sono considerati fattori molto incisivi nella progressione
della malattia da HIV.
L’obiettivo dei
ricercatori era verificare se la distribuzione di zanzariere impregnate di
insetticida e di filtri per l’acqua, che prevengono malaria e dissenteria,
permettesse di rimandare la necessità di iniziare la terapia anti-HIV.
Per lo studio
sono state arruolate circa 600 persone sieropositive non ancora idonee per il
trattamento (vale a dire, con una conta dei CD4 superiore a 350 e nessun grave sintomo).
A circa la metà
dei partecipanti sono state distribuite le zanzariere con insetticida e i
filtri per l’acqua.
L’uso di questi
dispositivi è stato associato a una diminuzione del 27% della necessità di iniziare il trattamento HIV.
La strategia ha inoltre un ottimo rapporto
costi-benefici. Come dimostrato da un modello matematico, se fosse estesa a
tutta l’Africa subsahariana si potrebbero risparmiare 400 milioni di dollari
all’anno in costi di trattamento.
Il test HIV da fare a casa 
All’inizio del
mese l’FDA, l’ente statunitense per la regolamentazione dei prodotti alimentari
e farmaceutici, ha approvato il primo kit per il test HIV fai-da-te.
Si chiama OraQuick In-Home HIV Test, e sarà venduto in farmacia come i normali prodotti da
banco, senza bisogno di supervisione medica. E agli Stati Uniti potrebbero
presto seguire altri paesi. Anche se questo via libera è stato accolto
favorevolmente da molti, restano aperti molti interrogativi sui
modi in cui potrebbe essere utilizzato e sul suo impatto nella pratica.
Uno di questi
interrogativi è se verrà usato per controllare i partner sessuali. A questo riguardo, molto interesse ha suscitato uno studio i cui risultati
sono stati presentati martedì ad AIDS 2012.
Allo studio hanno
partecipato 27 MSM sieronegativi che avevano avuto più di una relazione
sessuale. Ai partner è stato chiesto di effettuare il test, e su 124 in totale,
101 hanno accettato. Sono risultati positivi nove di loro, di cui cinque non
sapevano di esserlo.
Non sono stati
riportati grossi problemi nell’uso del test, e gli autori dello studio hanno
concluso che è ben accetto tra gli MSM ad alto rischio.
Durante la sessione sono state poste domande
anche su altri aspetti dell’utilizzo di questo test, come il problema del
periodo-finestra o le conseguenze sulle altre pratiche finora raccomandate per
il safer-sex (ad esempio l’uso del preservativo), o ancora come si inserirebbe
nelle dinamiche spesso impari tra uomo e donna.
Il trattamento come prevenzione: la carica virale a livello di popolazione 
Test
HIV in Uganda. Immagine di AIDS Healthcare Foundation.
L’approccio “test-and-treat” nell’Uganda
rurale sta dando ottimi risultati in termini di ‘carica virale a livello di
popolazione’ (‘population viral load’), un dato che incrocia le misurazioni della carica virale con altri fattori correlati all’interno
dell’intera popolazione a scopi di monitoraggio.
Negli sforzi per
controllare l’epidemia, viene data sempre più importanza al ruolo della
diagnosi dell’HIV con il test. Questo riveste un’importanza centrale nell’attuazione del trattamento HIV come prevenzione.
Nel maggio 2011
sono state effettuate delle campagne per testare la popolazione di alcune aree
rurali dell’Uganda, ripetute nel maggio 2012.
Nel complesso,
sono stati monitorati i tre quarti circa della popolazione adulta residente
nell’area. Nel 2011 sono risultati positivi circa l’8% dei partecipanti, e nel
2012 circa il 9%.
Parallelamente,
si è assistito a un notevole aumento della percentuale di persone sieropositive
con carica virale non rilevabile (dal 37 al 55%).
Inoltre, si è
registrato un sensibile calo delle persone con carica virale molto elevata,
ossia superiore alle 100.000 copie (dal 13 al 3%).
I risultati dello studio dimostrano che intensificando
i programmi per il test e allargando l’accesso al trattamento si può ottenere
una drastica e rapida diminuzione delle persone con HIV a livelli infettivi.
Gli ostacoli all’approccio “test-and-treat” 
Foto di Jon Rawlinson via Flickr
Uno studio proveniente dallo Zambia ha
offerto un quadro degli ostacoli che possono incontrare le strategie di “test-and-treat”.
Vi hanno
partecipato 2443 pazienti arruolati presso centri per la cura dell’HIV e
organizzazioni di comunità.
I motivi addotti
dai partecipanti che non volevano fare il test andavano dalla paura dell’ostracismo e dello stigma ai timori sulla terapia antiretrovirale, soprattutto per gli effetti collaterali e le difficoltà dell’aderenza.
Ma i partecipanti
non disposti a fare la terapia hanno citato anche altre ragioni, dicendo per
esempio:
- che
si sentivano bene;
- che
riponevano fiducia nella religione;
- che
preferivano affidarsi alle terapie tradizionali;
- che
non nutrivano fiducia nell’efficacia della terapia;
- che
non avevano qualcuno che li aiutava;
- che avevano
problemi finanziari;
- che
il loro accesso alle cure era limitato.
Ridurre i comportamenti a rischio HIV combattendo l’abbandono scolastico 
Geeta
Rao Gupta dell’UNICEF durante il suo intervento alla Conferenza. © IAS/Ryan
Rayburn - Commercialimage.net
Tra i ragazzi del Kenya occidentale sono stati sperimentati due interventi in
ambito scolastico: uno, la distribuzione di divise scolastiche gratuite per
contrastare l’abbandono scolastico per motivi economici; l’altro, l’erogazione
nelle scuole primarie di corsi educativi in linea con il programma nazionale
per la prevenzione dell’HIV/AIDS. I due interventi, se attuati in modo
combinato, sembrano più efficaci nel ridurre i comportamenti sessuali a rischio
di HIV che ognuno dei due singolarmente, come ha illustrato il dott. Vandana Sharma mercoledì
alla Conferenza.
Le iniziative combinate hanno dimostrato di avere particolare impatto sulle
ragazze, che sono a grave rischio di HIV. Le gravidanze indesiderate e le
infezioni sessualmente trasmissibili sono oggi tra i più preoccupanti rischi
sanitari che corrono le adolescenti dell’Africa subsahariana.
Nella stessa sessione si è parlato di un
rapporto che ha valutato l’impatto dei programmi di prevenzione in ambito
scolastico in 20 paesi ad alta incidenza di HIV, da cui emerge l’importanza di
investire a sufficienza in programmi specificamente pensati per i giovani. In partnership with UNICEF
Trasformare i programmi di prevenzione della trasmissione materno-fetale in programmi per l’ARV 
Chewe
Luo dell’UNICEF che parla alla sessione plenaria di mercoledì. © IAS/Ryan
Rayburn - Commercialimage.net
L’UNICEF ha sottolineato
i benefici di un nuovo modello per la prevenzione della trasmissione materno-fetale dell’HIV. Con la cosiddetta ‘Opzione B+’ dell’OMS,
verrebbe abbandonato il riferimento alla soglia di CD4 utilizzata per dichiarare
una madre idonea per il trattamento a vita, anziché solo durante la gravidanza
e subito dopo il parto.
Il Direttore
esecutivo dell’UNICEF Anthony Lake appoggia questa linea: “Naturalmente ogni
donna vuole che il proprio figlio sopravviva, ma vuole vivere anche lei: chi
può negarle questo diritto?”
Quanto alla fattibilità economica – tema molto
sentito alla Conferenza di quest’anno – è stato sottolineato che, sebbene l’Opzione
B+ sia più costosa degli altri modelli individuati dall’OMS, adottarla
porterebbe comunque un risparmio in termini di ridotta trasmissione ai partner
maschi, al bambino e ad altri eventuali figli in future gravidanze. In partnership with UNICEF
|
Collegati a NAM su Facebook: Tieniti aggiornato con entusiasmanti progetti, le più recenti scoperte ed i nuovi sviluppi dal mondo di NAM.
Segui NAM su Twitter per collegamenti e notizie fresche di stampa dai nostri inviati, che seguono in tempo reale i più importanti sviluppi e conferenze. Trovi il nostro news feed all’indirizzo www.twitter.com/aidsmap_news, ed i nostri tweet sono pubblicati anche su www.twitter.com/aidsmap.
Segui le nostre news sulla conferenza iscrivendoti ai nostri feed RSS.