Hillary Clinton annuncia fondi per progetti chiave nella lotta all’HIV 
Il Segretario di Stato USA Hillary Rodham
Clinton. ©IAS/Ryan Rayburn - Commercialimage.net
Durante il suo
discorso alla Conferenza Internazionale sull’AIDS, il Segretario di Stato
Hillary Clinton ha confermato l’impegno degli USA annunciando lo stanziamento
di consistenti fondi.
Tra questi:
- 37 milioni di dollari per programmi mirati a consumatori
di droghe per via iniettiva e uomini gay in paesi dove l’epidemia è in espansione.
Il Segretario di Stato ha colto l’occasione, durante il suo intervento, di
ribadire l’impegno dell’amministrazione Obama in difesa dei diritti riproduttivi
delle donne.
“Ogni
donna deve poter decidere liberamente se e quando avere figli. Che sia
sieropositiva o meno. E su questo non andrebbe neanche messo in discussione. Le
donne devono avere, meritano di avere voce in capitolo sulle decisioni che
influenzeranno la loro vita.” In partnership with UNICEF
Gli ostacoli allo stanziamento di fondi per il trattamento e le cure per persone sieropositive 
Com’era prevedibile, lo stanziamento di fondi per i
programmi HIV è un tema ricorrente ad AIDS 2012. Dopo che tante voci autorevoli hanno dichiarato
che è possibile mettere fine all’epidemia, la domanda è: “Chi pagherà per
farlo?” All’argomento è
stata specificamente dedicata una sessione della Conferenza.
Gli esperti delle organizzazioni mediche, del mondo
accademico, di UNAIDS e del mondo politico hanno tutti sottolineato che sicuramente
è necessario incrementare i fondi, ma è anche importante che gli interventi per
porre fine all’epidemia siano sostenibili nel lungo termine, senza
interruzioni.
Ferma restando l’importanza dei fondi internazionali,
negli interventi si è dato anche risalto al ruolo sempre più rilevante che
dovrebbero svolgere – e in alcuni casi stanno già svolgendo – i fondi
nazionali.
Durante la sessione è stata presentata una possibile
soluzione. Un ricercatore
dell’Università di Liverpool è convinto che un modesto aumento delle accise su
alcol e tabacco nei paesi più colpiti da HIV e tubercolosi consentirebbe di
raccogliere fondi sufficienti a coprire i costi sanitari delle malattie ad essi
correlate.
Per esemplificare la sua idea, Andrew Hill ha spiegato
alla Conferenza di Washington che applicando una ‘imposta sanitaria globale’ – nella forma di un piccolo aumento delle accise su
alcol e tabacco – in paesi come la Nigeria, l’Uganda, il Botswana,
la Thailandia, il Vietnam, l’India, il Brasile, la Russia, l’Ucraina e la Cina
si potrebbero ricavare 2,57 miliardi di dollari all’anno. Tale cifra sarebbe
sufficiente a fornire accesso universale al trattamento HIV in tutti i paesi
citati, e rimarrebbe ancora denaro da investire nella prevenzione e nella cura
della tubercolosi, della malaria e di altre malattie.
“Non si muore solo per l’HIV: anche il fumo e l’alcolismo
mietono moltissime vittime. Una diminuzione del consumo di tabacco e alcol
porterebbe un indiscutibile beneficio alla salute pubblica”, afferma Hill.
Nuovo farmaco per la TBC si dimostra estremamente promettente 
Sono molto
incoraggianti i risultati di un trial clinico in cui è stato sperimentato un
nuovo farmaco per il trattamento della tubercolosi (TBC).
Il farmaco in
questione, il PA-824, è stato somministrato in combinazione con l’antibiotico
moxifloxacina e l’antitubercolotico pyrazinamida.
In uno studio
randomizzato della durata di 14 giorni, il regime con PA-824 ha registrato una
migliore attività antibatterica di quella di cinque altri bracci, compreso
quello con il trattamento standard della tubercolosi.
Si prevede che il
regime con PA-824 sia efficace sia contro la tubercolosi sensibile ai farmaci
sia contro quella farmacoresistente. La speranza è che l’impiego di questo
farmaco possa ridurre la durata del trattamento della tubercolosi multifarmaco-resistente (MDR-TB) fino anche a un anno soltanto.
Il dato
importante è anche un altro: si ritiene improbabile che questa combinazione
abbia significative interazioni con la terapia anti-HIV.
“Il regime con
PA-824 più moxifloxacina più pyrazinamida rappresenta un netto miglioramento
rispetto a molte altre combinazioni”, dicono i ricercatori.
Durante le due settimane di trattamento, questa combinazione
di farmaci ha eliminato il 99% dei batteri della tubercolosi.
Risultati promettenti per una nuova terapia combinata
Sono buoni i risultati ottenuti con una nuova
terapia combinata con maraviroc (Celsentri/Selzentry) più atazanavir potenziato con
ritonavir (Reyataz), come attestato da uno studio presentato
ad AIDS 2012.
Lo studio ha
confrontato questa combinazione con quella tenofovir/emtricitabina
(Truvada). Nel braccio con Truvada è stato somministrato
anche atazanavir potenziato con ritonavir. La novità della combinazione
sperimentata è il fatto che non contiene un farmaco appartenente
alla classe NRTI.
Dopo 96
settimane, il 67,8% dei soggetti che assumevano il maraviroc hanno ottenuto
livelli di carica virale non rilevabili (l’obiettivo del trattamento per
l’HIV), contro l’82,0% di quelli trattati con Truvada. Utilizzando un test di rilevazione meno sensibile, è
risultato che il 78,0% del gruppo con maraviroc e l’83,6% di quello con Truvada avevano abbassato la carica
virale al di sotto delle 400 copie.
Entrambi i
trattamenti hanno dato aumenti simili nella conta dei CD4.
I soggetti
trattati con maraviroc hanno avuto più effetti collaterali pesanti di quelli
con Truvada (22% contro 18%), tra cui
l’ittero causato
dall’aumento di bilirubina, noto effetto collaterale dell’atazanavir.
Ma nel gruppo del maraviroc ci sono stati meno casi di pazienti con segni
di ridotta funzionalità renale o problemi ossei (è noto che il tenofovir può
causare problemi all’apparato renale o osseo di alcuni pazienti).
È attualmente in corso un nuovo trial che sperimenta la combinazione di
maraviroc con un altro inibitore della proteasi, il darunavir (Prezista).
Il trattamento HIV come prevenzione 
La
dott. Josephine Birungi, che ha presentato i risultati di un recente studio in
Uganda. ©IAS/Moreno Maggi
C’è molto
entusiasmo intorno all’idea del trattamento HIV come strumento di prevenzione. I risultati di un ampio studio
randomizzato denominato HPTN 052, presentato l’anno scorso alla Conferenza
dell'International AIDS Society di Roma, hanno dimostrato che un trattamento efficace riduce del 96% il
rischio di trasmissione del virus nelle coppie eterosessuali monogame.
Alla Conferenza Internazionale di
Washington, però, è stato presentato uno
studio, pur molto meno ampio, che rivela i potenziali limiti di questa
strategia di prevenzione nel ‘mondo reale’. I suoi risultati sembrerebbero indicare che il
trattamento non abbia alcun impatto effettivo sul rischio di trasmissione.
Lo studio,
condotto in Uganda, ha preso in considerazione circa 600 coppie eterosessuali
in una relazione fissa, in cui uno dei partner era sieropositivo e l’altro
sieronegativo. Sono stati messi a confronto i tassi di trasmissione delle
coppie in cui il partner sieropositivo assumeva il trattamento con quelli delle coppie in cui non lo assumeva.
Le coppie sono
state seguite per un lasso di tempo di circa due anni.
L’incidenza della
trasmissione del virus all’anno si è attestata al 3% circa nelle coppie senza
trattamento, contro il 2% di quelle in cui il partner positivo era trattato.
Una volta
verificatasi la trasmissione, veniva misurata la carica virale. Tutti i partecipanti senza trattamento presentavano
valori superiori alle 1000 copie; e
anche il 35% dei pazienti che assumevano il trattamento presentava valori
superiori a questa soglia.
Gli autori dello
studio hanno rimarcato che non intendono mettere in dubbio l’impatto del
trattamento HIV sull’infettività, ma ritengono che la sua efficacia come
strumento preventivo possa essere inficiata da fattori sociali, biologici e
culturali.
Per esempio, hanno riscontrato che la trasmissione
risultava molto più probabile nelle relazioni poligame. Inoltre, non
disponevano di informazioni sulla prevalenza di altre infezioni sessualmente trasmissibili, che possono aumentare il rischio di trasmissione del
virus.
Bambini e HIV: nuove opzioni terapeutiche che sembrano promettenti 
Celia
Christie-Samuels e Bernard Pécoul, co-chair della sessione satellite Catching
children before they fall
Potrebbero presto
essere disponibili nuove opzioni terapeutiche per bambini e adolescenti sieropositivi.
Le opzioni terapeutiche attualmente
disponibili per uso pediatrico sono più limitate di quelle per adulti, e c’è dunque necessità di
nuovi farmaci specifici per questo gruppo di popolazione.
Alla Conferenza di Washington è stato
annunciato che sono state sviluppate formulazioni pediatriche di alcuni farmaci.
È stato inoltre presentato uno studio che
attesta l’efficacia e la sicurezza delle combinazioni con inibitori
dell’integrasi o l’NNRTI etravirina (Intelence)
nei bambini.
Una nuova
formulazione pediatrica del tenofovir (Viread)
si è dimostrata un trattamento sicuro per la prevenzione della trasmissione
materno-fetale del
virus. È stata somministrata una dose
singola di 600mg di tenofovir a donne in travaglio; i neonati sono poi stati
trattati con una dose di 6mg/kg al giorno di tenofovir per sette giorni. Si
sono ottenute buone concentrazioni del farmaco e non si sono verificati
rilevanti effetti collaterali.
Sono stati
presentati anche i risultati di uno studio mirato ad accertare sicurezza ed
efficacia di un regime terapeutico basato sull’inibitore della proteasi fosamprenavir potenziato con ritonavir (Telzir/Lexiva). Dopo 48 settimane di
trattamento, fino al 78% dei bambini abbassato la viremia a valori non rilevabili,
e il profilo di sicurezza del farmaco è risultato simile a quello osservato
negli adulti.
Da uno studio di
48 settimane sull’impiego del raltegravir (Isentress),
in combinazione con altri farmaci anti-HIV, è risultato che la carica virale era
inferiore alle 50 copie nel 57% dei pazienti trattati, e i valori dei CD4 erano aumentati a oltre 150 cellule per mm3.
Sulla base di questi risultati, negli Stati Uniti è stata richiesta l’autorizzazione
per l’uso di tale farmaco nei bambini e adolescenti sieropositivi.
A dare buoni
risultati in un piccolo studio su bambini e ragazzi di età compresa tra i 2 e i
18 anni di età è stato anche l’inibitore dell’integrasi sperimentale dolutegravir. A
quattro settimane dall’inizio del trattamento, il 70% dei partecipanti
presentava una carica virale inferiore a 40 copie/ml, oltre che buoni aumenti nella
conta dei CD4.
In un
campione di bambini con elevata esperienza di trattamento è stata monitorata
l’efficacia dell’etravirina. Dopo un anno di terapia con un regime
combinato comprendente questo farmaco, nel 56% di loro la carica virale è scesa
a valori non rilevabili. In partnership with UNICEF
Sex workers, rischio HIV e diritti umani 
Il Sex Worker Freedom Festival di Kolkata – un’alternativa
per i/le sex workers a cui è stato negato l’accesso negli Stati Uniti. Immagine
gentilmente concessa da Luca Stevenson, Sex Worker Open University www.sexworkeropenuniversity.com
e ICRSE www.sexworkeurope.org
Un tema centrale
di AIDS 2012 è quello di invertire la marea dell’epidemia per i gruppi
chiave di popolazione, e uno di questi è senz’altro quello dei e delle sex
workers.
In molti paesi, l’attività dei e delle sex workers è
illegale, il che rende ancora più difficile per queste persone proteggersi
dall’HIV. Ora sembra inoltre in atto una tendenza
globale alla criminalizzazione del possesso di preservativi, che la
polizia considera alla stregua di ‘prove’ dell’attività in questione.
Alla Conferenza di Washington sono stati presentati studi
sull’impatto di queste nuove leggi: è diminuito notevolmente l’uso del
preservativo da parte dei e delle sex workers, il che aumenta il rischio di
trasmissione dell’HIV.
Durante la sessione sono stati fatti appelli perché sia
posta fine a questi nuovi poteri attribuiti alle forze di polizia e,
soprattutto, per la decriminalizzazione sia dei e delle sex workers che dei
loro clienti. I benefici, sia sul piano della salute pubblica che su quello dei
diritti umani, sarebbero innegabili.
Hillary Clinton
ha fatto esplicito riferimento ai e alle sex workers durante il suo intervento
alla Conferenza, impegnandosi a stanziare fondi per programmi preventivi
specificamente mirati a questo gruppo a rischio.
Gli
Stati Uniti sono stati aspramente criticati, questa settimana, per aver negato
il visto d’ingresso ai e alle sex workers che volevano partecipare ad AIDS
2012. A Kolkata, in India, si sta tenendo il Sex Worker Freedom Festival, una Conferenza
alternativa per i e le sex workers a cui non è stato permesso di entrare negli
Stati Uniti. (Per seguire gli eventi della conferenza di Kolkata, visita HIVandhumanrights blog.)
Diciamolo più forte: possiamo mettere fine all’AIDS! 
Immagini di Greta Hughson/aidsmap.com
Ieri è stata un’altra giornata piena per gli attivisti
presenti a Washington, con cinque diverse marce – ognuna dedicata a un tema
specifico – svoltesi in varie parti della città. Qui il resoconto di Greta Hughson di aidsmap, che era
sul posto, con le impressioni sull’andamento della Conferenza.
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