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Mercoledì 25 luglio 2012

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Hillary Clinton annuncia fondi per progetti chiave nella lotta all’HIV

Il Segretario di Stato USA Hillary Rodham Clinton. ©IAS/Ryan Rayburn - Commercialimage.net

Durante il suo discorso alla Conferenza Internazionale sull’AIDS, il Segretario di Stato Hillary Clinton ha confermato l’impegno degli USA annunciando lo stanziamento di consistenti fondi.

Tra questi:

  • 37 milioni di dollari per programmi mirati a consumatori di droghe per via iniettiva e uomini gay in paesi  dove l’epidemia è in espansione.

Il Segretario di Stato ha colto l’occasione, durante il suo intervento, di ribadire l’impegno dell’amministrazione Obama in difesa dei diritti riproduttivi delle donne.

“Ogni donna deve poter decidere liberamente se e quando avere figli. Che sia sieropositiva o meno. E su questo non andrebbe neanche messo in discussione. Le donne devono avere, meritano di avere voce in capitolo sulle decisioni che influenzeranno la loro vita.”

In partnership with UNICEF

Gli ostacoli allo stanziamento di fondi per il trattamento e le cure per persone sieropositive

Com’era prevedibile, lo stanziamento di fondi per i programmi HIV è un tema ricorrente ad AIDS 2012. Dopo che tante voci autorevoli hanno dichiarato che è possibile mettere fine all’epidemia, la domanda è: “Chi pagherà per farlo?” All’argomento è stata specificamente dedicata una sessione della Conferenza.

Gli esperti delle organizzazioni mediche, del mondo accademico, di UNAIDS e del mondo politico hanno tutti sottolineato che sicuramente è necessario incrementare i fondi, ma è anche importante che gli interventi per porre fine all’epidemia siano sostenibili nel lungo termine, senza interruzioni.

Ferma restando l’importanza dei fondi internazionali, negli interventi si è dato anche risalto al ruolo sempre più rilevante che dovrebbero svolgere – e in alcuni casi stanno già svolgendo – i fondi nazionali.

Durante la sessione è stata presentata una possibile soluzione. Un ricercatore dell’Università di Liverpool è convinto che un modesto aumento delle accise su alcol e tabacco nei paesi più colpiti da HIV e tubercolosi consentirebbe di raccogliere fondi sufficienti a coprire i costi sanitari delle malattie ad essi correlate.

Per esemplificare la sua idea, Andrew Hill ha spiegato alla Conferenza di Washington che applicando una ‘imposta sanitaria globale’ – nella  forma di un piccolo aumento delle accise su alcol e tabacco – in paesi come la Nigeria, l’Uganda, il Botswana, la Thailandia, il Vietnam, l’India, il Brasile, la Russia, l’Ucraina e la Cina si potrebbero ricavare 2,57 miliardi di dollari all’anno. Tale cifra sarebbe sufficiente a fornire accesso universale al trattamento HIV in tutti i paesi citati, e rimarrebbe ancora denaro da investire nella prevenzione e nella cura della tubercolosi, della malaria e di altre malattie.

“Non si muore solo per l’HIV: anche il fumo e l’alcolismo mietono moltissime vittime. Una diminuzione del consumo di tabacco e alcol porterebbe un indiscutibile beneficio alla salute pubblica”, afferma Hill.

Nuovo farmaco per la TBC si dimostra estremamente promettente

Sono molto incoraggianti i risultati di un trial clinico in cui è stato sperimentato un nuovo farmaco per il trattamento della tubercolosi (TBC).

Il farmaco in questione, il PA-824, è stato somministrato in combinazione con l’antibiotico moxifloxacina e l’antitubercolotico pyrazinamida.

In uno studio randomizzato della durata di 14 giorni, il regime con PA-824 ha registrato una migliore attività antibatterica di quella di cinque altri bracci, compreso quello con il trattamento standard della tubercolosi.

Si prevede che il regime con PA-824 sia efficace sia contro la tubercolosi sensibile ai farmaci sia contro quella farmacoresistente. La speranza è che l’impiego di questo farmaco possa ridurre la durata del trattamento della tubercolosi multifarmaco-resistente (MDR-TB) fino anche a un anno soltanto.

Il dato importante è anche un altro: si ritiene improbabile che questa combinazione abbia significative interazioni con la terapia anti-HIV.

“Il regime con PA-824 più moxifloxacina più pyrazinamida rappresenta un netto miglioramento rispetto a molte altre combinazioni”, dicono i ricercatori.

Durante le due settimane di trattamento, questa combinazione di farmaci ha eliminato il 99% dei batteri della tubercolosi.

Risultati promettenti per una nuova terapia combinata

Sono buoni i risultati ottenuti con una nuova terapia combinata con maraviroc (Celsentri/Selzentry) più atazanavir potenziato con ritonavir (Reyataz), come attestato da uno studio presentato ad AIDS 2012.

Lo studio ha confrontato questa combinazione con quella tenofovir/emtricitabina (Truvada). Nel braccio con Truvada è stato somministrato anche atazanavir potenziato con ritonavir. La novità della combinazione sperimentata è il fatto che non contiene un farmaco appartenente alla classe NRTI.

Dopo 96 settimane, il 67,8% dei soggetti che assumevano il maraviroc hanno ottenuto livelli di carica virale non rilevabili (l’obiettivo del trattamento per l’HIV), contro l’82,0% di quelli trattati con Truvada. Utilizzando un test di rilevazione meno sensibile, è risultato che il 78,0% del gruppo con maraviroc e l’83,6% di quello con Truvada avevano abbassato la carica virale al di sotto delle 400 copie.

Entrambi i trattamenti hanno dato aumenti simili nella conta dei CD4.

I soggetti trattati con maraviroc hanno avuto più effetti collaterali pesanti di quelli con Truvada (22% contro 18%), tra cui l’ittero causato dall’aumento di bilirubina, noto effetto collaterale dell’atazanavir.

Ma nel gruppo del maraviroc ci sono stati meno casi di pazienti con segni di ridotta funzionalità renale o problemi ossei (è noto che il tenofovir può causare problemi all’apparato renale o osseo di alcuni pazienti).

È attualmente in corso un nuovo trial che sperimenta la combinazione di maraviroc con un altro inibitore della proteasi, il darunavir (Prezista).

Il trattamento HIV come prevenzione

La dott. Josephine Birungi, che ha presentato i risultati di un recente studio in Uganda. ©IAS/Moreno Maggi

C’è molto entusiasmo intorno all’idea del trattamento HIV come strumento di prevenzione. I risultati di un ampio studio randomizzato denominato HPTN 052, presentato l’anno scorso alla Conferenza dell'International AIDS Society di Roma, hanno dimostrato che un trattamento efficace riduce del 96% il rischio di trasmissione del virus nelle coppie eterosessuali monogame.

Alla Conferenza Internazionale di Washington, però,  è stato presentato uno studio, pur molto meno ampio, che rivela i potenziali limiti di questa strategia di prevenzione nel ‘mondo reale’. I suoi risultati sembrerebbero indicare che il trattamento non abbia alcun impatto effettivo sul rischio di trasmissione.

Lo studio, condotto in Uganda, ha preso in considerazione circa 600 coppie eterosessuali in una relazione fissa, in cui uno dei partner era sieropositivo e l’altro sieronegativo. Sono stati messi a confronto i tassi di trasmissione delle coppie in cui il partner sieropositivo assumeva il trattamento con quelli delle coppie in cui non lo assumeva.

Le coppie sono state seguite per un lasso di tempo di circa due anni.

L’incidenza della trasmissione del virus all’anno si è attestata al 3% circa nelle coppie senza trattamento, contro il 2% di quelle in cui il partner positivo era trattato.

Una volta verificatasi la trasmissione, veniva misurata la carica virale. Tutti i partecipanti senza trattamento presentavano valori superiori alle 1000 copie;  e anche il 35% dei pazienti che assumevano il trattamento presentava valori superiori a questa soglia.

Gli autori dello studio hanno rimarcato che non intendono mettere in dubbio l’impatto del trattamento HIV sull’infettività, ma ritengono che la sua efficacia come strumento preventivo possa essere inficiata da fattori sociali, biologici e culturali.

Per esempio, hanno riscontrato che la trasmissione risultava molto più probabile nelle relazioni poligame. Inoltre, non disponevano di informazioni sulla prevalenza di altre infezioni sessualmente trasmissibili, che possono aumentare il rischio di trasmissione del virus.

Bambini e HIV: nuove opzioni terapeutiche che sembrano promettenti

Celia Christie-Samuels e Bernard Pécoul, co-chair della sessione satellite Catching children before they fall

Potrebbero presto essere disponibili nuove opzioni terapeutiche per bambini e adolescenti sieropositivi.

Le opzioni terapeutiche attualmente disponibili per uso pediatrico sono più limitate di quelle per adulti, e c’è dunque necessità di nuovi farmaci specifici per questo gruppo di popolazione.

Alla Conferenza di Washington è stato annunciato che sono state sviluppate formulazioni pediatriche di alcuni farmaci.

È stato inoltre presentato uno studio che attesta l’efficacia e la sicurezza delle combinazioni con inibitori dell’integrasi o l’NNRTI etravirina (Intelence) nei bambini.

Una nuova formulazione pediatrica del tenofovir (Viread) si è dimostrata un trattamento sicuro per la prevenzione della trasmissione materno-fetale del virus.  È stata somministrata una dose singola di 600mg di tenofovir a donne in travaglio; i neonati sono poi stati trattati con una dose di 6mg/kg al giorno di tenofovir per sette giorni. Si sono ottenute buone concentrazioni del farmaco e non si sono verificati rilevanti effetti collaterali.

Sono stati presentati anche i risultati di uno studio mirato ad accertare sicurezza ed efficacia di un regime terapeutico basato sull’inibitore della proteasi fosamprenavir potenziato con ritonavir (Telzir/Lexiva). Dopo 48 settimane di trattamento, fino al 78% dei bambini abbassato la viremia a valori non rilevabili, e il profilo di sicurezza del farmaco è risultato simile a quello osservato negli adulti.

Da uno studio di 48 settimane sull’impiego del raltegravir (Isentress), in combinazione con altri farmaci anti-HIV, è risultato che la carica virale era inferiore alle 50 copie nel 57% dei pazienti trattati, e i valori dei CD4 erano aumentati a oltre 150 cellule per mm3. Sulla base di questi risultati, negli Stati Uniti è stata richiesta l’autorizzazione per l’uso di tale farmaco nei bambini e adolescenti sieropositivi.

A dare buoni risultati in un piccolo studio su bambini e ragazzi di età compresa tra i 2 e i 18 anni di età è stato anche l’inibitore dell’integrasi sperimentale dolutegravir. A quattro settimane dall’inizio del trattamento, il 70% dei partecipanti presentava una carica virale inferiore a 40 copie/ml, oltre che buoni aumenti nella conta dei CD4.

In un campione di bambini con elevata esperienza di trattamento è stata monitorata l’efficacia dell’etravirina. Dopo un anno di terapia con un regime combinato comprendente questo farmaco, nel 56% di loro la carica virale è scesa a valori non rilevabili.

In partnership with UNICEF

Sex workers, rischio HIV e diritti umani

Il Sex Worker Freedom Festival di Kolkata – un’alternativa per i/le sex workers a cui è stato negato l’accesso negli Stati Uniti. Immagine gentilmente concessa da Luca Stevenson, Sex Worker Open University www.sexworkeropenuniversity.com e ICRSE www.sexworkeurope.org

Un tema centrale di AIDS 2012 è quello di invertire la marea dell’epidemia per i gruppi chiave di popolazione, e uno di questi è senz’altro quello dei e delle sex workers.

In molti paesi, l’attività dei e delle sex workers è illegale, il che rende ancora più difficile per queste persone proteggersi dall’HIV. Ora sembra inoltre in atto una tendenza globale alla criminalizzazione del possesso di preservativi, che la polizia considera alla stregua di ‘prove’ dell’attività in questione.

Alla Conferenza di Washington sono stati presentati studi sull’impatto di queste nuove leggi: è diminuito notevolmente l’uso del preservativo da parte dei e delle sex workers, il che aumenta il rischio di trasmissione dell’HIV.

Durante la sessione sono stati fatti appelli perché sia posta fine a questi nuovi poteri attribuiti alle forze di polizia e, soprattutto, per la decriminalizzazione sia dei e delle sex workers che dei loro clienti. I benefici, sia sul piano della salute pubblica che su quello dei diritti umani, sarebbero innegabili.

Hillary Clinton ha fatto esplicito riferimento ai e alle sex workers durante il suo intervento alla Conferenza, impegnandosi a stanziare fondi per programmi preventivi specificamente mirati a questo gruppo a rischio.

Gli Stati Uniti sono stati aspramente criticati, questa settimana, per aver negato il visto d’ingresso ai e alle sex workers che volevano partecipare ad AIDS 2012. A Kolkata, in India, si sta tenendo il Sex Worker Freedom Festival, una Conferenza alternativa per i e le sex workers a cui non è stato permesso di entrare negli Stati Uniti. (Per seguire gli eventi della conferenza di Kolkata, visita HIVandhumanrights blog.)

Diciamolo più forte: possiamo mettere fine all’AIDS!

Immagini di Greta Hughson/aidsmap.com

Ieri è stata un’altra giornata piena per gli attivisti presenti a Washington, con cinque diverse marce – ognuna dedicata a un tema specifico – svoltesi in varie parti della città. Qui il resoconto di Greta Hughson di aidsmap, che era sul posto, con le impressioni sull’andamento della Conferenza.

HIV & AIDS treatment in practice

NAM invia regolarmente una newsletter, HIV & AIDS treatment in practice (HATIP), pensata per gli operatori sanitari e le organizzazioni di comunità attive in contesti con risorse limitate.

Con l’aiuto di un team di revisori, HATIP si occupa di temi come il task shifting, l’aumento dell’accesso a trattamento e cure, HIV e TBC, HIV e malattie non trasmissibili, aderenza e mantenimento delle terapie.

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